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 GdM - Valentini: "Se il Bari ha bisogno di un presidente a costo zero..."

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MessaggioTitolo: GdM - Valentini: "Se il Bari ha bisogno di un presidente a costo zero..."    GdM - Valentini: "Se il Bari ha bisogno di un presidente a costo zero..."  EmptySab Lug 28, 2018 6:30 pm

GdM - Valentini: "Se il Bari ha bisogno di un presidente a costo zero..."  Antonello-valentini-696x418

Quando gli parli del Bari gli occhi si «accendono». Quando dici Bari il tono della sua voce cambia. Quando guarda le partite del Bari... raccontano che sia uno spettacolo nello spettacolo, tra urla e sussulti. Quando gli chiedi del Bari lui, Antonello Valentini, parla di una dolce «malattia, una di quelle da cui non potrei mai guarire».

Barese doc, sportivo a tutto tondo (è stato un ottimo tennista e spesso ha giocato doppi con un altro cognome legato a doppia mandata al calcio, Capocasale: Nicola suo partner di tanti successi e figlio di Franceschino, allenatore e calciatore del Bari oltre che della Juventus), classe ‘52. «Mi raccomando, 1952 non 1852... è vero che sto invecchiando ma non esageriamo», suggerisce sorridendo al cronista un po’ per rompere il ghiacchio in un’intervista che mai avrebbe voluto rilasciare e un po’ per quello spirito brillante e goliardico che ancora oggi scorre nelle sue vene. E poi 27 anni in Figc: prima capo ufficio stampa e relazioni esterne, gli ultimi cinque sulla prestigiosa poltrona di direttore generale al culmine di un percorso lungo e ricco di riconoscimenti.

Dottor Valentini, ci rivolgiamo soprattutto al tifoso del Bari e poi all’uomo di calcio.
«La interrompo subito. E le dico che per me sono giorni di grande sofferenza. È difficile per me, in queste ore, pronunciare la parola Bari...».

Un amore datato...
«Molto datato. Una sacra questione di famiglia. La domenica tutti allo stadio. Mio padre, Oronzo, è stato direttore de “La Gazzetta del Mezzogiorno” e io approfittavo dei suoi colleghi sportivi per vivere da vicino la squadra. Ero la mascotte dei calciatori, quelli sono ricordi incancellabili».

Un amore con qualche momento di crisi?
«No. Il Bari non l’ho mai abbandonato. L’ho seguito da ragazzino, riuscendo anche a seguire i famosi spareggi a Bologna a Napoli per coronare il sogno della serie A. E anche quando ero impegnato in Figc non mi sono mai fatto sfuggire un’occasione per guardare una partita dal vivo, specie quando il Bari è venuto a giocare vicino Roma».

In famiglia come l’hanno presa questa sua «malattia»?
«Siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Giovanni e Andrea, i miei figli, seguono la squadra con passione. Erano a Latina in quella triste notte del 2014, nella stagione fallimentare. E anche mia moglie Carmen si adegua, la baresità è di casa tra i Valentini».

Dall’era Matarrese ai disastri recenti. Di acqua ne è passata sotto i ponti.
«Direi tanta. Parliamo dei Matarrese. Grandi imprenditori, una famiglia forte. Tolti gli ultimi anni, quelli in cui hanno mollato, hanno garantito una gestione di un certo tipo. Il nome Matarrese era una garanzia a livello nazionale. Penso a don Vincenzo. Dargli la mano valeva più di una firma, uomo di parola e generoso. E poi Tonino, che nel calcio ha scritto pagine di storia. Avranno anche commesso errori, ci mancherebbe. Ma se penso agli ultimi quattro anni mi viene il mal di stomaco...».

Atto primo, Gianluca Paparesta.
«Un bravo ragazzo, era destinato a una grandissima carriera da arbitro internazionale prima di cadere in disgrazia. Ha messo molto impegno nell’avventura alla guida del Bari. Ma ha commesso l’errore di non strutturare a dovere la società. È vero che tutti sono presi dall’ambizione e che, quindi, si pensa quasi solo a costruire una squadra competitiva ma... nessuno pensi che tutto il resto sia un dettaglio. Servono gli uomini giusti nel posto giusto».

Poi, Mino Giancaspro.
«Comincio dalla fine. È stato squalificato per tre mesi. Accusa eloquente: dichiarazioni non veritiere. Giancaspro ha mentito e mentire ai tifosi vuol dire giocare con i sentimenti della gente. Gravissimo. In lui ho visto presunzione e anche arroganza. E anche per lui vale il discorso fatto per Paparesta. Una squadra di calcio è forte quando può contare su una struttura forte».

Si spieghi meglio.
«Le rispondo con un passaggio illuminato della biografia di Arnoldo Mondadori: “Ho sempre scelto collaboratori capaci, non yesman. Il mio Dg doveva essere più bravo di me, solo così ero tranquillo e viveva meglio tutta l’ezienda”. Un collaboratore bravo è quello che sa essere un consigliere».

Meglio in D o in C col titolo che «viaggia».
«Meglio in D. D come dignità. Bari ne ha da vendere e saprà rialzarsi. Con calma e ambizione».

Gravina è stato un po’ duro.
«È pugliese e ha studiato a Bari. Ma rappresenta tante società e ci ha tenuto a far capire che le regole sono sacre. Ma non voleva certo mancare di rispetto ai baresi, posso assicurarlo».

A Bari sono ore di fuoco. Serve una società forte e uomini di calcio. Il suo nome è circolato...
«Le assicuro che non mi ha chiamato nessuno».

E se qualcuno le chiedesse di dare una mano al Bari?
«Impossibile dire no alla mia squadra del cuore. Se qualcuno davvero pensasse a me risponderei “vi serve un presidente a costo zero? Un presidente che abbia esperienza nel mondo del calcio? Ci sono”. In caso contrario continuerei a fare il tifoso, più accanito di prima».

Basterebbe la sua agenda telefonica...
«Diciamo che avrei accesso a tutti i livelli. Dirigenti, allenatori, calciatori, procuratori. Tutti sanno chi sono. E soprattutto sanno cosa rappresenta per me il Bari».


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